chios

Chios (o Hios) - dalla caratteristica forma a mezzaluna - si caratterizza per un fascino insolito e per una atmosfera di altri tempi, ma anche per un notevole patrimonio architettonico, e non ultimo per un genuino ed autentico senso dell’ospitalità.

Antica colonia genovese e dominata per lunghi secoli dai turchi, Chios presenta al suo interno due realtà geografiche ben distinte e quasi contrapposte: montuosa la parte settentrionale, pianeggiante - e ricca di agrumeti e di giardini di aranci e limoni - la parte meridionale.

Il territorio a sud dell'isola presenta inoltre ben venti villaggi interni di origini genovesi, dalle affascinanti geometrie architettoniche, e dalla tipica struttura a labirinto - ed è conosciuto inoltre come "terra del mastice", per via della resina estratta dagli alberi di lentisco ed usata fin dal medioevo per la produzione di liquori agrodolci, ma anche della gomma da masticare, della quale furono grandi consumatrici le donne turche degli harem.

A Chios Town - capoluogo dell'isola - sono da vedere gli antichi quartieri, quello ebreo e quello musulmano, la moschea, i bagni turchi.

Da non perdere il villaggio medievale semiabbandonato di Mestà. E soprattutto Pirgi, che è il principale villaggio di produzione della mastichora, un borgo medievale che è caratterizzato da facciate ornate da mosaici dai motivi geometrici, chiaroscuri ed a reticolato.

Tra le montagne si trova il villaggio di Pitios indicato come probabile luogo natale di Omero. Emberios è una suggestiva spiaggia di sassi neri ed è spesso completamente invasa dai cormorani. A Chios approdò anche Cristoforo Colombo che sull'isola si fermò misteriosamente per un intero anno.

Da non perdere infine il monastero-fortezza di Nea Moni (XI secolo), nascosto dai boschi ed immerso in paesaggi incantevoli. Qui è conservato un prezioso ciclo di mosaici bizantini a fondo oro. E qui nel 1822, durante la lotta per l'indipendenza, invano si rifugiarono gli abitanti di Chios per sfuggire al massacro operato dai turchi; in quell'occasione neppure i seicento monaci del monastero vennero risparmiati. La vicenda ispirò il celebre quadro "Les massacres de Scio" di Delacroix, oggi visibile al Louvre.